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Capitolo II

  

1.  Il nuovo contesto costituzionale: competenze legislative statali e regionali e riparto delle funzioni amministrative

Al fine di inquadrare il settore del "Teatro musicale" nel sistema delle attività produttive nazionali, caratterizzato dalla singolarità di specie rispetto alle tradizionali imprese pubbliche, o quanto meno di rilevanza pubblica, risulta necessario analizzare il quadro costituzionale di riferimento , come modificato dalla legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001, al fine di individuare ruoli e responsabilità dei soggetti istituzionali e non, che hanno visto le proprie attribuzioni profondamente modificate, in virtù di trasformazioni che hanno interessato non soltanto il piano dell'ordinamento regionale e locale, ma anche la funzione legislativa ed il parlamento,il governo, il sistema delle fonti, e più in generale l'intero sistema amministrativo.

Innanzitutto bisogna partire dalla premessa costituita dall´art.9 della Costituzione:< La repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica>, ovvero dal riconoscimento della <Cultura> quale principio fondamentale, e della promozione della stessa tra i compiti qualificanti <la Repubblica>, altamente significativo del valore ad essa attribuita dai padri costituenti, se meritevole di sì tale attenzione in una Italia del 1948 post-bellica e con le sue stringenti necessità.

Se nell´art.9 della Costituzione è rintracciabile l´affermazione della centralità della cultura per il nostro sistema costituzionale, il compito di promuovere lo sviluppo della cultura è affidato alla Repubblica, considerata alla luce della versione attuale dell´art.114 Cost., che afferma <La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato>. Pertanto l´attribuzione di tale compito alla Repubblica, implica che la funzione deve essere svolta dall´insieme dei soggetti pubblici,e cioè, dallo Stato, Regioni, Province, Città metropolitane, Comuni , e dai privati, secondo il criterio di sussidiarietà.

Il riconoscimento del fatto che la cultura rappresenta, dal punto di vista della dimensione dell´interesse, contemporaneamente un valore di livello nazionale e sovranazionale, e nel contempo, un bene e un interesse profondamente legati al territorio e, dunque, locale, giustifica, per questa inevitabile pluridimensionalità dell´interesse, la scelta costituzionale di affidarne la cura a tutti i rappresentanti dei diversi interessi in gioco, non escludendo alcuno.(1)

In aggiunta all´art.9, meritano attenzione gli artt.21 e 33 della Cost., che rispettivamente considerano lo spettacolo una delle tante possibili modalità di pensiero, strettamente collegata alla libertà di praticare e insegnare l´arte, e che trovano il loro limite nella dignità e riservatezza delle persone, nel segreto di stato, nel segreto d´ufficio, nell´ordine pubblico e nel buon costume.

I principi generali in cui vanno collocate le disposizioni specifiche in materia di beni e attività culturali, conformano in modo radicalmente diverso l'assetto tradizionale del sistema istituzionale e amministrativo, insistendo su un pluralismo istituzionale paritario caratterizzato dalla tassatività delle competenze legislative dello Stato, dalle attribuzioni sul piano legislativo alle regioni e sul piano amministrativo ai comuni , la rottura e la fine del parallelismo tra competenze legislative e amministrative, una pubblica amministrazione prevalentemente caratterizzata dall'autonomia in quanto affidata agli enti territoriali locali e il principio di sussidiarietà ,in sè e nei suoi corollari di adeguatezza e di differenziazione.(2)

La materia dei beni e delle attività culturali, in particolare per la parte riguardante i beni culturali, conferma la propria vocazione alla specialità. Mutuando dal d.lg.112 del 31 marzo 1998 (capo V, art. 148), i concetti di tutela, gestione, valorizzazione, attività culturali e promozione, (3)la legge costituzionale n.3 del 18 ottobre 2001 comprende la tutela dei beni culturali tra le competenze legislative statali di carattere esclusivo (art. 117, comma 2, lettera s), Cost.) mentre la relativa valorizzazione, insieme alla promozione e organizzazione di attività culturali, è assegnata alle materie di legislazione concorrente (art. 117, comma 3, Cost. ), salvo la possibilità di attribuzione a singole regioni, previa intesa con il governo e approvazione a maggioranza qualificata da parte del parlamento, di ulteriori e particolari condizioni di autonomia in materia di tutela dei beni culturali (art. 116, ultimo comma, Cost.), e la previsione, sempre su questo oggetto, di intesa e coordinamento tra Stato e regioni (art. 118, comma 3, Cost.).(4)

La competenza legislativa statale, così come viene ad essere determinata dalla riforma, prevede che la legge statale, abilitata ad intervenire in un elenco definito di materie, perde il ruolo di fonte a competenza generale e fonda la propria competenza non su una presunzione generale, ma su uno dei titoli costituiti dall´art. 117 Cost. ( comma 2 e comma 3), o da altre disposizioni costituzionali dalle quali sia desumibile una riserva o una preferenza a favore della legge statale. La generalità dell'intervento del legislatore statale dovrebbe fondarsi o sull'effettiva esistenza di materie e situazioni , che impongono una disciplina unitaria sul territorio, o sull'esigenza di garantire la cittadinanza sociale quale diritto all'eguaglianza delle opportunità, insistendo, pertanto, sulla tutela, sulla concorrenza, e sulla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.

Le competenze legislative regionali sulla valorizzazione dei beni culturali, potenziano il ruolo delle regioni e attraverso esse prende consistentemente forma il compito di promozione di cui all'art. 9 della Cost., divenendo così, le regioni, anche se limitatamente al loro territorio, l'interlocutore degli attori pubblici e privati coinvolti nei diversi settori, al fine di realizzare una integrazione di diverse ma connesse politiche locali.

Difficile dire se tra la tutela da un lato e la valorizzazione dall'altro vi siano campi materiali di competenza esclusiva regionale. In ogni caso, il passaggio da potestà concorrente ad esclusiva in una delle sue molteplici gradazioni non è automatico richiedendo, invece, che si convenga su una serie di regole da sottoporre, in ultima analisi, all'approvazione del Parlamento.(art.116, ultimo comma).(5)

Suddivisa la materia dei beni culturali, per quanto riguarda la potestà legislativa, in "tutela" e "valorizzazione", appartenenti l'una alla legislazione esclusiva dello Stato e l'altra alla legislazione concorrente, ne risulta scissa anche la potestà regolamentare, che spetta così allo Stato nelle sole materie di legislazione esclusiva, e perciò nel campo della tutela ( art.117 Cost.,sesto comma), mentre per ogni altra materia, ivi inclusa la valorizzazione, è attribuita alle regioni. Quanto, invece, al riparto delle funzioni amministrative, nel contesto più generale del principio di sussidiarietà , viene dettata una disposizione specifica circa la "tutela dei beni culturali", materia in relazione alla quale si dà mandato alla legge statale di disciplinare "forme di intesa e coordinamento" tra lo Stato e le regioni e gli altri enti autonomi territoriali(art.118 Cost., terzo comma).

Il nuovo assetto dato dalla Costituzione alla materia ha reso necessario definire, nel modo più sicuro ed affidabile, le nozioni di "tutela" e di "valorizzazione" , perchè a tali nozioni si accompagnano regimi giuridici costituzionalmente differenziati per quanto riguarda la titolarità e l'esercizio delle potestà legislativa, regolamentare ed amministrativa, e delineare, in virtù dei criteri posti dall'art. 118 Cost., una corretta allocazione delle funzioni amministrative nei due ambiti così individuati, con più marcata urgenza per quello della valorizzazione.(6)

Sembrerebbero configurarsi limiti alle scelte regionali, sia "dall´alto", in rapporto ai vincoli derivanti dalla riserva legislativa esclusiva dello Stato e dalle conseguenti interferenze tra le funzioni di tutela e valorizzazione che vedrebbero subordinata ogni politica regionale di valorizzazione al rispetto delle prioritarie esigenze di tutela, che "dal basso", determinati dalle funzioni amministrative attribuite ai comuni, salvo quelle che siano conferite a province, città metropolitane, regioni e stato, "sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza" , per "assicurarne l'esercizio unitario" (art. 118, comma 1).(7)

L'appartenenza della "valorizzazione dei beni culturali" alle competenze legislative concorrenti delle regioni potrebbe, infatti, indurre a concludere che spetti alle regioni, con proprie leggi, definire l'allocazione e l'assetto delle funzioni amministrative, decidendo per l'"eventuale" sottrazione delle corrispondenti attribuzioni ai comuni o, ancor meglio, per la costituzione di forme e di moduli associativi, tra gli enti locali, che favoriscano un loro esercizio più adeguato ed efficace.

In base a quanto dispone l'art. 117, nel suo comma 1, è rimesso alla legislazione esclusiva dello Stato identificare le "funzioni fondamentali" degli enti locali.

Il Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali,( TUEL) approvato con d.lg. 18 agosto 2000, n. 267, aiuta ad approfondire le tematiche riguardo al riparto delle funzioni amministrative correlate alla riscrittura dell´ art.118 Cost.comma 1, affermando il principio per cui le funzioni amministrative e quindi in particolare quelle di gestione vengono individuate in prima istanza come compito degli enti locali e non come compito dello Stato, nè delle regioni. La gestione di beni culturali da parte degli enti locali e più precisamente dei comuni è da intendersi come modalità ordinaria, mentre sarebbe la permanenza di tali gestioni in capo al governo nazionale a doverne trovare una giustificazione.

Il T.U. degli enti locali attribuisce alle regioni la funzione di organizzare l'esercizio delle funzioni amministrative a livello locale, ad opera di comuni, province e città metropolitane, esercitando in modo pieno funzioni di governo. La regione dovrebbe saper indicare i principi di coordinamento e cooperazione dell'attività dei comuni e delle province, utilizzando strumenti di raccordo a livello interregionale e nazionale secondo una prospettiva federalista. Il problema è che a volte il federalismo si confonde con il decentramento, che presuppone invece un'organizzazione accentrata ed un trasferimento "per grazia" o per esigenze organizzative, di talune funzioni ad organismi periferici. Difatti le regioni continuano ad operare secondo linee di azione orientate prevalentemente al riparto di risorse finanziarie, cioè con "piani di riparto" piuttosto che con "accordi di programma", senza intraprendere delle vere e proprie politiche di settore, senza correlare la programmazione alla pianificazione finanziaria mediante atti impostati dal governo regionale con diretta assunzione di responsabilità politicoprogrammatica sugli obiettivi.

In questa ottica si pone la necessità di promuovere l'assunzione di maggiori responsabilità da parte delle autonomie locali,che non si tratta di "scaricare" responsabilità, ma di intraprendere un percorso in virtù del quale le amministrazioni locali diventino capaci di svolgere in modo veramente qualificato funzioni forti di gestione, nel quadro di significativi sistemi di qualità. Essa deve ad esempio trovare il modo per definire criteri per l'individuazione di partner , nella logica della cosiddetta "sussidiarietà orizzontale", che siano soggetti selezionati in rapporto alla loro capacità di operare secondo gli standard di qualità approvati o definiti in ultima istanza dalla regione, eventualmente in condivisione con le preposte articolazioni del governo nazionale.(8)

Le due direttrici della "sussidiarietà orizzontale" e della "sussidiarietà verticale" sono tra loro connesse ed è dimostrato che tutti i livelli di governo, "stato, regioni, città metropolitane, province e comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà". Pertanto la sussidiarietà orizzontale è un modulo che si aggiunge e si affianca alla sussidiarietà verticale e non è alternativo ad essa.(9)


2.  I rapporti istituzionali: Stato, Regione, enti locali in materia di beni ed attività culturali (lo spettacolo)

Per quanto attiene ai rapporti tra Stato e Regioni, la tassatività delle competenze esclusive statali, l´ innovatività della competenza legislativa concorrente regionale e la rottura del parallelismo , sia sotto il profilo della riallocazione delle funzioni amministrative, sia sotto il versante della possibilità di delega delle funzioni regolamentari alle regioni negli ambiti di competenza esclusiva statale, sia ancora attraverso la forma delle intese per l'attività di tutela, possono fornire di sicuro soluzioni fortemente decentrate e differenziate, con cui giustificare il trasferimento integrale di funzioni, apparati e risorse, al sistema regionale e locale.(10)

Ma l´intero sistema potrebbe paralizzarsi e non produrre gli effetti desiderati, per la carenza dello strumento che dovrebbe servire da strumento di garanzia delle competenze legislative costituzionalmente attribuite, ovvero una sede di concertazione legislativa e di indirizzo delle funzioni tra Stato e regioni, e lo dimostra il fatto che, nonostante il rovesciamento dell'enumerazione delle competenze legislative, lo Stato continua a legiferare come se nulla fosse avvenuto, vuoi resistenze burocratiche e culturali, vuoi per la stratificazione di assetti legislativi fortemente centralistici, vuoi per le vischiosità di ordine politico che ostacolano il decollo della riforma.

La rottura dell'unità amministrativa necessita di unità politica e dunque della istituzione di una camera delle regioni, come dimostra l'esperienza tedesca in cui il federalismo amministrativo è sorretto dal Bundesrat.(11)

Ancora più indeterminato il quadro dei rapporti tra regioni ed enti locali, sul quale non solo pesa l'interpretazione da assegnare alla riserva, alla potestà legislativa esclusiva dello stato delle "funzioni fondamentali" di comuni e province (art. 117, comma 2, lettera p), Cost.), o l'esito del processo di riallocazione delle funzioni amministrative statali ( primi due commi dell'art. 118 Cost), ma soprattutto la obiettiva incertezza dei rapporti tra funzioni normative regionali , legislative e regolamentari, e locali , statutarie e regolamentari.(12)

Il perchè dei difficili rapporti tra i vari soggetti istituzionali ed il perchè delle attuali carenze normative, trova una ragione ed un fondamento che va analizzato alla luce di una analisi storica delle normative.

Il problema della ripartizione di competenze Stato/enti locali si era posto fin dall´entrata in vigore della Costituzione italiana, nel gennaio del 1948, per il fatto che l´Assemblea costituente, in particolare, non aveva espressamente inserito lo spettacolo nell´elenco delle materie assegnate alla competenza legislativa concorrente Stato/Regioni, lasciando immaginare ad entrambi gli enti una propria competenza esclusiva a legiferare in tali ambiti.

Fu questo uno dei motivi per cui i rapporti tra i due enti territoriali furono da subito caratterizzati da una tensione molto forte, tale da arrivare, addirittura, a statuti regionali che prevedevano la competenza delle Regioni per la promozione e lo sviluppo delle attività in ambito locale, seppure in mancanza di una legislazione statale che attribuisse loro tali competenze.

La tensione crebbe fino al punto che nel 1993 alcune regioni convinte che il vero ostacolo alla realizzazione del decentramento di competenze e funzioni in materia di cultura e spettacolo fosse l´esistenza del ministero per il Turismo,lo Sport e lo Spettacolo, si fecero promotrici di un referendum abrogativo che, alla luce della volontà manifestata dai votanti, determinò l´abrogazione della legge istitutiva del Ministero e conseguentemente la soppressione dello stesso. In attesa di una nuova legge che avrebbe dovuto colmare il vuoto legislativo conseguente l´abrogazione, il settore dello spettacolo fu regolamentato da numerosi decretilegge, che si susseguirono nel tempo e che furono ripetutamente reiterati in quanto mai convertiti nei termini, determinando così ulteriore incertezza e difficoltà di operare.

Nel 1995, fu approvata la legge delega n.203 dal titolo "Riordino delle funzioni in materia di Turismo,Spettacolo e Sport", con la quale <Governo e Parlamento hanno affermato il principio di unitarietà della cultura, per la prima volta enunciando il principio del <concorso>, della concertazione della politica culturale tra soggetti istituzionali>.(13)

La suddetta legge incaricava il Governo di trasferire le competenze e le funzioni in campo culturale alle regioni. La delega avrebbe dovuto essere attuata con appositi decreti legislativi nel rispetto dei principi e decreti direttivi fissati dal legislatore; in particolare, lo Stato avrebbe dovuto mantenere le competenze relative a soggetti, attività, obiettivi e funzioni di interesse nazionale, mentre in capo a Regioni, province e Comuni avrebbero dovuto essere trasferite le funzioni di carattere esclusivamente locale. Sulla base di un´intesa fra il Governo e la Conferenza Permanente avrebbero dovute essere trasferite anche le risorse finanziarie.

Purtroppo questo non accadde ed il settore cultura-spettacolo rimase ancora privo di una normativa di riferimento.

Nel 1997, la legge n.59, nota come legge Bassanini, fece un passo decisivo verso la delimitazione delle competenze amministrative degli enti territoriali, nel senso che attribuì alcune materie espressamente elencate, alla competenza esclusiva dello Stato, lasciando alla competenza degli altri enti territoriali tutte le materie non riservate ad esso. Con la previsione della competenza speciale in capo allo Stato e di quella residuale in capo agli enti locali si invertirono, per la prima volta, i criteri di ripartizione di competenze che fino a quel momento avevano caratterizzato i rapporti tra lo Stato e gli enti territoriali minori.(14)

Ma la novità del disegno tracciato dalle leggi Bassanini consisteva proprio nella percezione e nel recepimento della consapevolezza che nessun conferimento, nessuno spostamento dell'amministrazione verso il basso, verso il sistema delle autonomie, è possibile se non si riforma il centro. Difatti è mancato quel riordino del centro statale e la ridefinizione delle sue funzioni, in mancanza dei quali nessun effettivo decentramento è possibile.

Per il settore dei beni culturali, con il d.lg. n. 368/1998, di istituzione del Ministero per i Beni e le Attività culturali, si è delineato un apparato ministeriale che "guarda a se stesso", senza tenere conto del ruolo che avrebbero potuto , o potrebbero esercitare le autonomie territoriali nell'esercizio di tutte le funzioni di amministrazione attiva che possono avere ad oggetto i beni e le attività culturali.

Soprattutto, si è delineato un apparato ministeriale pensato per esercitare quella che si conferma come la funzione qualificante del centro statale: la tutela dei beni culturali concepita, già dal d.lg. 112/1998, come funzione ad ambito indeterminato, ma anche come funzione indivisibile, riservata al ministero e alle sue articolazioni periferiche, salva la possibilità da parte delle regioni di porre in essere azioni volte al perseguimento di tali esigenze, ma delle quali resta interprete e "giudice" esclusivo il centro statale.(15)

Con la modifica del Titolo V della Costituzione, apportata con legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.3; la riforma < riprende e porta ad ulteriore sviluppo queste soluzioni e, nell´ambito di un disegno che sovverta i tradizionali rapporti tra stato centrale ed autonomie, <ribalta> anche i criteri di riparto della potestà legislativa, riconoscendo al legislatore statale una competenza esclusiva solo con riferimento ad una serie di materie e di interessi elencati, per assegnare al legislatore regionale la legittimazione a disciplinare tutti gli altri ambiti>.(16)

In sostanza, dall´art. 117 Cost., nella formulazione tuttora vigente, emerge che, così come la Bassanini aveva previsto per la ripartizione delle funzioni amministrative tra Stato e Regioni, la Costituzione riformata dispone per la ripartizione della funzione legislativa, per cui lo Stato viene riconosciuto titolare di una potestà legislativa speciale, legittimato a creare in via esclusiva norme giuridiche soltanto nelle materie elencate dal legislatore all´art.117 Cost.,c.2; le regioni sono riconosciute titolari di potestà legislativa residuale e generale, e cioè in tutte le materie non elencate; lo Stato e le Regioni in concorso tra loro, infine, sono riconosciuti titolari di potestà legislativa ripartita nelle sole materie elencate all´art.117 Cost.,c.3, tra le quali figurano le <attività culturali>.

La nuova formulazione della norma ha ripresentato una grave lacuna storica: essa indica espressamente la competenza legislativa in materia di attività culturali ma non fa altrettanto in materia di attività di spettacolo, ponendo così il problema di valutare se le attività di spettacolo debbano o meno venire attratte nella fattispecie <attività culturali> espressamente menzionata dalla Costituzione.

Se il legislatore intendesse attribuire il settore dello spettacolo alla competenza legislativa esclusiva delle regioni, o piuttosto, a quella legislativa ripartita o concorrente con lo stato, la dottrina aveva sempre propeso per la seconda soluzione, ammettendo che le Regioni potessero legiferare in materia di spettacolo soltanto all´interno di una legge quadro nazionale contenente i principi fondamentali della materia. Tale posizione si è successivamente mostrata in linea con quella espressa dalla Corte costituzionale, dopo alcuni anni di dibattito, nelle sentenze n. 255 e n. 256 del 21 luglio 2004, che hanno chiaramente definito la questione.(17)

Il coordinamento degli Assessori regionali alla cultura aveva inizialmente sostenuto non essere lo spettacolo inquadrabile nelle "attività culturali" citate dalla legge tra le materie concorrenti, con conseguente attribuzione della materia e delle risorse alla competenza esclusiva delle Regioni.

Questa tesi non era stata condivisa dal Governo, con il Ministero per i beni e le attività culturali, da tutte le categorie dello spettacolo e dal Parlamento italiano. Sono state così presentate da esponenti della maggioranza e dell´opposizione numerose proposte di legge sullo spettacolo, di contenuti diversi,ma tutte sorrette dai seguenti principi: lo spettacolo è soggetto/oggetto di materia concorrente; è necessaria l´individuazione di uno o più momenti "nazionali" di definizione, coordinamento e gestione della politica e degli interventi dello spettacolo, con la partecipazione con pari dignità di tutti i soggetti istituzionali; a questi processi è necessaria la partecipazione attiva e consultiva delle categorie dello spettacolo per assicurare equilibrio e democrazia all´ordinato sviluppo del sistema.

E´ del 21 luglio 2004 la sentenza n.255, con la quale la Corte Costituzionale ha rigettato il ricorso di legittimità costituzionale promosso dalla Regione Toscana contro il decreto legge 18 febbraio 2003, n.24 ( Disposizioni urgenti in materia di contributi in favore delle attività di spettacolo) convertito con legge n.83/2003.

La Corte ha definitivamente sancito che lo spettacolo rientra nella "promozione ed organizzazione di attività culturali" che il terzo comma dell´art.117 attribuisce ala potestà concorrente Stato-regioni.

La sentenza richiama la necessità dell´unitaria gestione del Fondo Unico per lo spettacolo a livello nazionale secondo le competenze riservate allo Stato dall´art.156 del decreto legislativo n.112/98, con l´elaborazione di "procedure che continuino a svilupparsi a livello nazionale, con l´attribuzione sostanziale di poteri deliberativi alle regioni o eventualmente riservandone allo Stato, seppure attraverso modalità caratterizzate dalla leale collaborazione tra le regioni".

La Corte sottolinea infine l´urgenza di una legge statale che disciplini la nuova articolazione operativa delle competenze, passando "da una legislazione che regola procedure accentrate a forme di gestione amministrativa imperniate sulle regioni".

Con la sentenza n.256 del 21 luglio la Corte Costituzionale ha rigettato il ricorso di legittimità costituzionale promosso dalla Regione Toscana contro il decreto del Ministro per i beni e le attività culturali 8 febbraio 2002, n.47 (Regolamento recante criteri e modalità di erogazione di contributi in favore delle attività musicali, in corrispondenza degli stanziamenti del fondo unico per lo spettacolo di cui alla legge 30 aprile 1985, n.163).

La Corte ha tra l´altro eccepito l´impossibilità di annullamento del regolamento perchè ciò avrebbe comportato il sacrificio di valori protetti dagli artt. 9 e 33 della Costituzione. Anche nella circostanza, la Corte ha richiamato la necessità di una nuova disciplina legislativa contenente la definizione dei principi fondamentali di cui all´art.117 della Costituzione , da porre in essere attraverso il coinvolgimento delle regioni.(18)

La Corte Costituzionale, con due sentenze del luglio 2004, ha risolto definitivamente la questione, disponendo espressamente nel senso di considerare le attività di spettacolo ricomprese nella più ampia categoria delle attività culturali, e pertanto da attribuire alla competenza legislativa concorrente Stato/Regioni(19):< Con le sentenze 255 e 256 del luglio 2004, originate da una questione di legittimità e da un conflitto di attribuzione sollevati dalla regione Toscana, la Corte ha infatti affermato che lo spettacolo, pur non essendo espressamente citato all´interno del nuovo art.117 Cost., non è da ricondursi alla competenza residuale delle regioni, bensì rientra a pieno titolo nella <promozione ed organizzazione di attività culturali>, indicata nel comma 3 art. 117 tra le competenze di tipo concorrente>.(20)

Per quanto attiene allo spettacolo ritengo di completare il quadro delle riforme con un accenno alla legge del 5 giugno 2003, n.131 (Disposizioni per l´adeguamento dell´ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale n.3/2001). Con riferimento alle materie appartenenti alla legislazione concorrente, e tra queste la valorizzazione dei beni culturali e l´organizzazione e la promozione delle attività culturali, si prevede la delega al governo per l´emanazione di decreti legislativi per la ricognizione ed individuazione dei principi fondamentali, desumibili dall´ordinamento statuale, fino alle nuove leggi con le quali il Parlamento definirà nuovi principi fondamentali.

Il parlamento ha approvato nel marzo 2005 il disegno di legge costituzionale " Nuove modifiche al Titolo V, parte seconda, della Costituzione", con forti polemiche tra e all´interno degli opposti schieramenti.

Il provvedimento nulla innova per lo spettacolo rispetto al disposto della legge costituzionale n.3/2001, ma introduce il principio di "interesse nazionale" : il Governo può rinviare al senato federale una legge regionale qualora ritenga che questa pregiudichi l´interesse nazionale della Repubblica.(21)

In ogni caso, la riforma costituzionale, in < questo riparto di materie>, ha prodotto come conseguenza, così come ha autorevolmente chiarito la Corte Costituzionale, l´aver incrementato <molto le responsabilità delle Regioni, dato che incide [...] anche su antiche e consolidate istituzioni culturali pubbliche o private operanti nel settore [come gli enti lirici] con la conseguenza di un forte impatto sugli stessi strumenti di elaborazione e diffusione della cultura>.(22)

Il nuovo art.117 della Costituzione assegna, quindi, il governo di un settore come quello dello spettacolo e degli Enti lirici ad una legislazione di tipo concorrente tra Stato e Regioni.

Ma la realtà attuale è ben distante dal modello costituzionale della concorrenza tra fonti statali e regionali.

<[...] ci si trova con tutta evidenza dinanzi alla necessità ineludibile che in questo ambito, come in tutti quelli analoghi divenuti ormai di competenza regionale ai sensi del terzo coma dell´art. 117 ma caratterizzati da una procedura accentrata, il legislatore statale riformi profondamente le leggi vigenti per adeguarle alla mutata disciplina costituzionale>. Tutta la legislazione nazionale ancora caratterizzata dall´accentramento finanziario e amministrativo non è più sostenibile nel mutato quadro costituzionale e prova ne è l´ampio contenzioso giudiziario innescato dalle Regioni dinanzi alla Corte Costituzionale per vedere riconosciute le proprie attribuzioni.(23)

Concorrenza tra Stato e Regioni non vuol dire in alcun modo che la gestione di queste politiche sia ormai da considerarsi un affare privato delle Regioni, ma , al contrario, è fondamentale che lo Stato e le Amministrazioni centrali del governo deputate al settore, mantengano il loro imprescindibile ruolo di coordinamento e di tutela di quegli interessi e valori che hanno una dimensione nazionale ed internazionale.

Quello che risulta assolutamente necessario e non più rinviabile è che queste rispettive competenze e le conseguenti procedure siano definite razionalmente attraverso un intervento di politica del settore, cioè attraverso una legge quadro nazionale. L´alternativa è la condizione attuale in cui versano i rapporti tra Stato, Regioni, Enti locali, Privati e Fondazioni lirico-sinfoniche, governati da un insieme alluvionale di diversi e scoordinati interventi legislativi, regolamentari, amministrativi e da sentenze normative della Corte Costituzionale con cui essa supplisce l´inerzia del parlamento.

E´ la legge quadro il contenitore normativo adeguato e trasparente in cui lo Stato deve fissare le norme e i principi fondamentali per la legislazione regionale, dando così soddisfazione alle esigenze unitarie presenti in queste attività, ma anche chiarendo quali livelli delle funzioni amministrative, in applicazione del principio di sussidiarietà, debbono essere avocate al centro.(24)

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Note:

  1. Andrea Simoncini: Un intervento non più rinviabile: la legge quadro sullo spettacolo, in Il teatro musicale in Italia( a cura di Ruffini e Nardella) ed. Passigli
  2. Marco Cammelli: Il nuovo Titolo V della Costituzione e la finanziaria 2002:note in Aedon 1/2002
  3. d.lg.112 del 31 marzo 1998 (capo V, art. 148):Ai fini del presente decreto si intendono per: tutela,"ogni attività diretta a riconoscere, conservare e proteggere i beni culturali e ambientali"; gestione, "ogni attività diretta, mediante l'organizzazione di risorse umane e materiali, ad assicurare la fruizione dei beni culturali e ambientali, concorrendo al perseguimento delle finalità di tutela e di valorizzazione"; valorizzazione , "ogni attività diretta a migliorare le condizioni di conoscenza e conservazione dei beni culturali e ambientali e ad incrementarne la fruizione"; attività culturali, "quelle rivolte a formare e diffondere espressioni della cultura e dell'arte"; promozione, "ogni attività diretta a suscitare e a sostenere le attività culturali.
  4. Pietro Petraroia: Il ruolo delle regioni per la tutela, la valorizzazione e la gestione dei beni culturali... In Aedon 3/2001
  5. Annamaria Poggi: Dopo la revisione costituzionale: i beni culturali e gli scogli del "decentramento possibile" in Aedon 1/2002
  6. Nicola Aicardi:Recenti sviluppi sulla distinzione tra "tutela" e "valorizzazione" dei ...in Aedon 1/2003
  7. Carla Barbati: Pubblico e privato per i beni culturali, ovvero "difficili sussidiarietà" in Aedon 3/2001
  8. Pietro Petraroia: Il ruolo delle regioni per la tutela, la valorizzazione e la gestione dei beni culturali... In Aedon 3/2001
  9. Carla Barbati: Pubblico e privato per i beni culturali, ovvero "difficili sussidiarietà" in Aedon 3/2001
  10. Marco Cammelli: Il nuovo Titolo V della Costituzione e la finanziaria 2002:note in Aedon 1/2002
  11. Annamaria Poggi: Dopo la revisione costituzionale: i beni culturali e gli scogli del "decentramento possibile" in Aedon 1/2002
  12. Marco Cammelli: Il nuovo Titolo V della Costituzione e la finanziaria 2002:note in Aedon 1/2002
  13. Lorenzo Scarpellini: " Le leggi nazionali in materia di teatro e musica", in "Organizzare teatro", Mimma Gallina, ed. Franco Angeli
  14. Anna Poppi: "Legislazione dello spettacolo dal vivo" ed.Simone
  15. Carla Barbati: Pubblico e privato per i beni culturali, ovvero "difficili sussidiarietà" in Aedon 3/2001
  16. Carla Barbati: " Le difficili riforme dei beni culturali" in " Secondo Rapporto Annuale Federculture 2004",
  17. Anna Poppi: Legislazione dello spettacolo dal vivo ed. Simone Allemandi &C.
  18. Lorenzo Scarpellini : La legislazione di settore in Organizzare musica di C. Balestra e A. Malaguti ed. Franco Angeli
  19. Anna Poppi: Legislazione dello spettacolo dal vivo ed. Simone
  20. Claudia Tubertini: " La disciplina dello spettacolo dal vivo tra continuità e nuovo statuto delle autonomie" in Aedon 3/2004
  21. Lorenzo Scarpellini : La legislazione di settore in Organizzare musica di C. Balestra e A. Malaguti ed. Franco Angeli
  22. Corte Costituzionale, sent. n.8 del 2004
  23. Corte Costituzionale: sent. n.285 del 2005
  24. Andrea Simoncini: Un intervento non più rinviabile: la legge quadro sullo spettacolo, in Il teatro musicale in Italia (a cura di Ruffini e Nardella) ed.Passigli